Qual è la matrice specifica del capitalismo? Dove poggia, come è avvenuta e si è quindi diffusa l’accumulazione primitiva di capitale che ha consentito lo sviluppo di questa nuova fase della storia umana, ben lontana, a quanto è dato prevedere, dalla sua fine? Le risposte sono varie e contraddittorie. Storicamente, due di esse tengono il campo. La prima è quella di Max Weber, che fa perno sull’etica vissuta e la vita metodica dei puritani di Calvino, portati a garantirsi la prosperità in questo mondo, non per goderne, ma per assicurarsi la salvezza nell’altro; la propensione al risparmio sarebbe, secondo questa prima tesi, la vera molla dell’accumulazione capitalistica. Contraria e simmetrica è la risposta del conterraneo di Weber, il “professore rosso” Werner Sombart. Sarebbero state le classi agiate, attraverso il perseguimento di un dominio simbolico della razionalità tecnica, a favorire la crescita del modello della produzione capitalistica. Per dirla con Mumford, non la macchina a vapore, bensì l’orologio sarebbe stata la “macchina rivoluzionaria” per eccellenza. Dunque: lusso o risparmio? Il fondamento dell’accumulazione capitalistica è stato il lusso delle grandi corti europee oppure il risparmio, la vita metodica e “santa”, l’ascetismo dei puritani, ossessionati dalla “certitudo salutis” nell’aldilà e, intanto, sobri, risparmiatori in questo mondo?
Capitalismo: lusso o risparmio? Alla ricerca dello spirito originario
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